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ALMANYA - LA MIA FAMIGLIA VA IN GERMANIA

Il film Almanya rappresenta un  ottimo  esempio  di come non sia sempre necessario affrontare il tema dell'incontro tra culture diverse da un punto di vista drammatico. Certamente a riguardo sono moltissimi gli episodi di violenza o di razzismo che si sono verificati, e altrettanti sono stati i film che ne hanno parlato, da quelli più classici a quelli più contemporanei, come This is England di Shane Meadows (2006) o La Haine di Mathieu Kassovitz (1995). Almanya non è dunque a mio parere un film banale e scontato, poiché l'intento delle registe è stato quello di affrontare il tema del multiculturalismo da un punto di vista poco sperimentato ed intenzionalmente “esasperato nella comicità”. E sono molte le scene che dimostrano questo intento: i racconti di Canan sull'incontro dei nonni oppure sulla “chiamata con il megafono” che effettua la Germania nei confronti dei lavoratori provenienti dalla Turchia, da Napoli e dal Polo Nord si avvicinano a dei toni quasi fiabeschi, per sottolineare il fatto che il film è stato volutamente centrato sul genere commedia ed alcune scene possano rappresentare solo in parte la realtà, tralasciando quindi alcune scene relative alla possibile drammaticità dell'incontro tra culture diverse. La novità e l'efficacia di Almanya risiedono quindi in questa capacità di esprimere tematiche quali i pregiudizi e gli stereotipi, l'identità, l'incontro tra il Noi e l'Altro tramite una leggera comicità, tralasciando volutamente gli elementi di drammaticità e di violenza che si possono creare all'interno delle interazioni sociali tra gruppi o individui provenienti da contesti culturali differenti, sui quali già moltissimi film si sono concentrati. Di Melissa Moralli

* L'articolo è una versione rivista dell'elaborato finale realizzato in occasione del corso di “Relazioni Interculturali” (Prof.ssa Ilenya Camozzi) a. a. 2012-2013, Corso di Laurea Magistrale Turismo, Territorio e Sviluppo Locale, Università di Milano-Bicocca.

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Scarica questo file (ALMANYA-MELISSA MORALLI.pdf)ALMANYA-MELISSA MORALLI.pdfcommediaAlmanya: la mia famiglia va in Germania, La commedia tedesca di una regista turca campione di incassi in Germania, analizzato con una prospettiva sociologica. Di Melissa Moralli414 kB

SOUL KITCHEN. AMBURGO: CITTÀ “PONTE” TRA CULTURE*

Soul Kitchen, pur essendo un racconto di stampo comico, incentrato sui temi della cucina, della musica, dell’amicizia e dell’amore, ben si presta come oggetto per riflessioni sulla convivenza multiculturale. Oggi più che in passato, le società moderne o post moderne, soprattutto occidentali, si trovano ad affrontare problemi legati alle relazioni e interazioni esistenti tra le diverse etno-culture presenti al loro interno; numerosi sono i dibattiti che si sviluppano e altrettanto numerose sono le posizioni che si creano. Diverse sono le scene di questa pellicola che ci permettono, di capire o per lo meno intuire, il punto di vista di Fatih Akin. Tra i vari temi affrontati, il film, a mia opinione, si sofferma particolarmente su questi quattro: multiculturalismo quotidiano, identità e seconde generazioni, neorazzismo, ed infine cultura globale. Di Stefano Rossi

* L'articolo è una versione rivista dell'elaborato finale realizzato in occasione del corso di “Relazioni Interculturali” (Prof.ssa Ilenya Camozzi) a. a. 2011-2012, Corso di Laurea Magistrale Turismo, Territorio e Sviluppo Locale, Università di Milano-Bicocca.

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Scarica questo file (SUOL-KITCHEN_STEFANO ROSSI.pdf)SUOL-KITCHEN_STEFANO ROSSI.pdfSoul-Kitchen ultima commedia del regista de La sposa turca, Fatih Akin, analizzato con una prospettiva sociologica. Di Stefano Rossi457 kB

RITRATTO DI TONY GATLIF

“La musica è parte fondamentale di ogni esilio. Quando ti trovi a dover lasciare la tua terra, non puoi portare con te più di qualche valigia. Il resto, devi lasciarlo tutto lì, il paesaggio, le piante, tutto... Una cosa che puoi portare con te è la musica, e per lungo tempo la musica degli immigrati rimane in esilio anche lei, non la si può ascoltare alla radio o alla tv. Ma la musica continua ed esistere, ed è ciò che tiene uniti i popoli in esilio e che li fa integrare con quelli che li ospitano”.

Con queste parole, Tony Gatlif, condensa l’anima del suo cinema, cinema d’esilio e di esiliati, dei più esiliati della terra, i Romaní, comunemente detti Rom, dal sanscrito dxomba, musicista, un cinema dove la musica, sostituendosi al linguaggio, diventa essa stessa linguaggio filmico, che orienta, governa e connette lo svolgimento delle storie, il comportamento dei personaggi. E’ cinema di viaggi e di incontri, tra il Rom e il gadjo, tra la musica gitana e quella araba, tra le identità plurime modellate dagli esili. di Paolo Castelletti

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Scarica questo file (RITRATTO DI TONY GATLIF_PAOLO CASTELLETTI.pdf)RITRATTO DI TONY GATLIF_PAOLO CASTELLETTI.pdfIl cinema del regista Tony Gatlif che ha dedicato alla cultura Rom la sua arte cienmatografica. Di Paolo Castelletti145 kB

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