CON LA SUPERVISIONE DEL PROF. GIANNI RONDOLINO
UNA RACCOLTA DI SAGGI, INTERVENTI E TESTIMONIANZE PER CONOSCERE E DISCUTERE LA GRANDE CINEASTA TEDESCA
PRESENTAZIONE del Prof. Gianni Rondolino
Mi permetto di citare il prof. Giaime Alonge dell’Università di Torino, che fu mio allievo, si laureò con me e ha scritto un pezzo molto bello e simpatico nel libro che mi hanno dedicato allievi ed amici: Non so se è chiaro. Omaggio a Gianni Rondolino, Ed. Kaplan, Torino 2012. Nel suo pezzo, intitolato Tutto quello che avreste voluto sapere sul Partito nazista dell’Illinois e non avete mai osato chiedere, si può leggere: “Questa idea che mi ero fatto di Rondolino venne spezzata via d’improvviso, nell’arco di poche settimane, nell’autunno del 1989. Forse non è un caso che in quello stesso periodo venisse giù il Muro di Berlino. Un vento di novità spirava sull’Europa, e Rondolino lo interpretò a suo modo, un modo originalissimo, facendo un corso su Leni Riefenstahl. Sessanta ore di lezione su una cineasta nazista. Anzi, sulla più grande personalità della cinematografia del Terzo Reich. Solo questa definizione bastava a evocare una contraddizione in termini. Il regime nazista, che concepiva la donna come angelo del focolare, fattrice di futuri soldati, aveva avuto quale maggiore regista una femmina, una ex ballerina bella come una diva di Hollywood. Straordinario. Per quanto mi riguardava, fu amore totale, per Rondolino e per la Riefenstahl. Mi bevevo le lezioni di Rondolino [...] In quei mesi, seguendo i consigli che Rondolino andava facendoci a lezione, lessi alcuni dei testi che, ancora oggi, trovo tra i più stimolanti nel mio lavoro di studioso in bilico tra cinema e storia [...] Fu un corso eccitante. Non era solo una mia impressione. Tutta la platea, un’aula 36 stracolma, era letteralmente mesmerizzata. Sul marciapiede di fronte a Palazzo Nuovo apparve una scritta fatta con la bombetta spray, come quelle con cui i ragazzi si dichiarano amore eterno. Diceva: “Un Rondolino non fa primavera” [...] Dunque, il corso su Leni Riefenstahl fu una rivelazione [...] Rondolino ci faceva lezione su Triumph des Willens (1935) e Olympia (1938), ma non ci faceva l’apologia del nazismo. Ci insegnava una cosa importante, un cosa che la critica connotata ideologicamente [...] non capirà mai, ovvero che un film, così come un libro o qualunque altra opera, può essere esteticamente affascinante, e allo stesso tempo possedere un contenuto politico del tutto esecrabile”.
Mi scuso di questa lunga citazione (un’apologia del mio lavoro di docente) ma essa può introdurre il mio breve testo di presentazione dello “Speciale” sulla Riefenstahl che comprende un gruppo di interventi, orali e scritti, sulla sua opera, in particolare sui due film citati da Alonge, che sono, come si sa, i più importanti e significativi. Da un lato c’è un discorso sulla cinematografia della Riefenstahl in rapporto al modo di riprendere la realtà e di mostrarla sullo schermo; dall’altro c’è ovviamente il riferimento al suo “nazismo” e al modo con cui è riuscita a mostrarlo nei suoi film realizzati negli Anni Trenta. Ma ciò che per certi versi può sembrare particolarmente interessante è il fatto che sono ormai parecchi anni in cui non si parla più della Riefenstahl, a eccezione degli articoli usciti in occasione della sua scomparsa, avvenuta l’8 settembre 2003, e, in Italia, del libretto di Michele Sakkara Leni Riefenstahl. Un mito del XX secolo, uscito nel 2009 presso l’editore Solfanelli. Un piccolo libro che comprende i testi di 21 incontri della Riefenstahl con Hitler e 1 con Mussolini e si conclude con questa frase di Sakkara: “Addio Leni, mito del XX secolo, sei entrata prepotentemente nella Storia del cinema e il tuo ricordo vi resterà indelebile per sempre”. E anche ad eccezione, se si vuole, del bel testo su di lei che si trova nella Wikipedia.
Ma in Italia lo studio dell’opera della Riefenstahl nasce in realtà solo nel 1984 quando esce il libro a lei dedicato da Leonardo Quaresima, presso La Nuova Italia, nella collana “Il Castoro Cinema” diretta da Fernaldo Di Giammatteo. Un libro che mi ha di fatto aperto un capitolo della storia del cinema, non solo tedesco, con una serie di analisi e commenti di grande utilità. Ed è in seguito a questa lettura e alla visione dei suoi film (tranne Der Sieg des Glaubens che solo molti anni dopo è stato ritrovato e quindi ho potuto vederlo) che, come ha ricordato piacevolmente Alonge, ho deciso di farla conoscere agli studenti di Storia del Cinema che mi seguivano attivamente nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino. Una serie di lezioni che avrei voluto in seguito trasformare in un ampio libro sulla Riefenstahl, ma che, per una serie di ragioni di varia natura, non ho ancora scritto (e certamente non scriverò!). Nel frattempo era uscita in Germania la sua autobiografia Memoiren presso l’editore Albrecht Knaus di Monaco, un libro di oltre 900 pagine pieno di informazioni di varia natura, poi tradotto in inglese e pubblicato a Londra nel 1992 da Quartet Books. In Italia, in un’edizione mediocre, malamente ridotta, con una prefazione di Enrico Ghezzi, è uscita da Bompiani nel 1995. L’anno dopo, in occasione della mostra di sue fotografie al Palazzo della Regione di Milano, è uscito il libro illustrato Leni Riefenstahl. Il ritmo di uno sguardo, ed. Leonardo Arte, con tre brevi saggi di Alessandra Borghese, Irene Bignardi e Michele Falzone del Barbarò.
Ora l’idea di tornare a studiare l’opera della Riefenstahl mi pare di grande interesse e piacere. Non solo, ma potrebbe aprirsi una nuova stagione in cui i suoi film sono presentati a un nuovo pubblico, soprattutto giovanile, magari grazie ai vari CineClub, Cineteche, Musei del Cinema, Festival. Un’occasione, a dire il vero, che mi sembra forse impossibile, ma che questo “Speciale”, che molti credo leggeranno e sentiranno, potrebbe indicare come fattibile. Da un lato ci sono un paio di interviste (la mia e quella di Leonardo Quaresima) che riprendono il discorso interrotto molti anni fa e lo attualizzano nel senso che aggiornano la critica e anche i motivi del valore dell’opera complessiva di Leni Riefenstahl; dall’altro ci sono alcuni testi, che possiamo definire stimolanti o di intensa lettura, che invitano a studiare in profondità il suo cinema e la sua personalità. Basti citare il testo di Pamela Fiorenza in cui si parla di cinema di propaganda; o quello di Toni Muzzioli, di grande valore informativo, in cui i film della Riefenstahl sono analizzati in rapporto al nazismo; o quello di Massimiliano Studer, anch’esso notevole, in cui si analizza Olympia. Ma di grande interesse è anche il testo del giornalista di Al Jazeera Laith Mushtaq sul rapporto fra l’arte e la dittatura, unitamente al ritratto che Francesco Azzi ci fa di lei, con riferimento alla Mostra fotografica del 1996 che ho già citato. Vi è, infine, il contributo di Luisanna Fiorini, gestrice di un sito dedicato alla cineasta tedesca, che analizza un libro della stessa Riefenstahl pubblicato nel 1933. In conclusione, sperando che questo “Speciale” spinga qualche altro critico o studioso a intervenire sull’opera complessiva della Riefenstahl, non posso che ringraziare Massimiliano Studer per quello che ha fatto (e per quello che farà ancora...).
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"Olympia" (Con DVD)
di Massimiliano Studer