Nov 22, 2024 Last Updated 10:19 AM, Oct 14, 2021

SPECIALE LENI RIEFENSTAHL

CON LA SUPERVISIONE DEL PROF. GIANNI RONDOLINO

UNA RACCOLTA DI SAGGI, INTERVENTI E TESTIMONIANZE PER CONOSCERE E DISCUTERE LA GRANDE CINEASTA TEDESCA

PRESENTAZIONE del Prof. Gianni Rondolino

WP_Leni_Riefenstahl_by_Alexander_BinderMi permetto di citare il prof. Giaime Alonge dell’Università di Torino, che fu mio allievo, si laureò con me e ha scritto un pezzo molto bello e simpatico nel libro che mi hanno dedicato allievi ed amici: Non so se è chiaro. Omaggio a Gianni Rondolino, Ed. Kaplan, Torino 2012. Nel suo pezzo, intitolato Tutto quello che avreste voluto sapere sul Partito nazista dell’Illinois e non avete mai osato chiedere, si può leggere: “Questa idea che mi ero fatto di Rondolino venne spezzata via d’improvviso, nell’arco di poche settimane, nell’autunno del 1989. Forse non è un caso che in quello stesso periodo venisse giù il Muro di Berlino. Un vento di novità spirava sull’Europa, e Rondolino lo interpretò a suo modo, un modo originalissimo, facendo un corso su Leni Riefenstahl. Sessanta ore di lezione su una cineasta nazista. Anzi, sulla più grande personalità della cinematografia del Terzo Reich. Solo questa definizione bastava a evocare una contraddizione in termini. Il regime nazista, che concepiva la donna come angelo del focolare, fattrice di futuri soldati, aveva avuto quale maggiore regista una femmina, una ex ballerina bella come una diva di Hollywood. Straordinario. Per quanto mi riguardava, fu amore totale, per Rondolino e per la Riefenstahl. Mi bevevo le lezioni di Rondolino [...] In quei mesi, seguendo i consigli che Rondolino andava facendoci a lezione, lessi alcuni dei testi che, ancora oggi, trovo tra i più stimolanti nel mio lavoro di studioso in bilico tra cinema e storia [...] Fu un corso eccitante. Non era solo una mia impressione. Tutta la platea, un’aula 36 stracolma, era letteralmente mesmerizzata. Sul marciapiede di fronte a Palazzo Nuovo apparve una scritta fatta con la bombetta spray, come quelle con cui i ragazzi si dichiarano amore eterno. Diceva: “Un Rondolino non fa primavera” [...] Dunque, il corso su Leni Riefenstahl fu una rivelazione [...] Rondolino ci faceva lezione su Triumph des Willens (1935) e Olympia (1938), ma non ci faceva l’apologia del nazismo. Ci insegnava una cosa importante, un cosa che la critica connotata ideologicamente [...] non capirà mai, ovvero che un film, così come un libro o qualunque altra opera, può essere esteticamente affascinante, e allo stesso tempo possedere un contenuto politico del tutto esecrabile”.

Mi scuso di questa lunga citazione (un’apologia del mio lavoro di docente) ma essa può introdurre il mio breve testo di presentazione dello “Speciale” sulla Riefenstahl che comprende un gruppo di interventi, orali e scritti, sulla sua opera, in particolare sui due film citati da Alonge, che sono, come si sa, i più importanti e significativi. Da un lato c’è un discorso sulla cinematografia della Riefenstahl in rapporto al modo di riprendere la realtà e di mostrarla sullo schermo; dall’altro c’è ovviamente il riferimento al suo “nazismo” e al modo con cui è riuscita a mostrarlo nei suoi film realizzati negli Anni Trenta. Ma ciò che per certi versi può sembrare particolarmente interessante è il fatto che sono ormai parecchi anni in cui non si parla più della Riefenstahl, a eccezione degli articoli usciti in occasione della sua scomparsa, avvenuta l’8 settembre 2003, e, in Italia, del libretto di Michele Sakkara Leni Riefenstahl. Un mito del XX secolo, uscito nel 2009 presso l’editore Solfanelli. Un piccolo libro che comprende i testi di 21 incontri della Riefenstahl con Hitler e 1 con Mussolini e si conclude con questa frase di Sakkara: “Addio Leni, mito del XX secolo, sei entrata prepotentemente nella Storia del cinema e il tuo ricordo vi resterà indelebile per sempre”. E anche ad eccezione, se si vuole, del bel testo su di lei che si trova nella Wikipedia.

Ma in Italia lo studio dell’opera della Riefenstahl nasce in realtà solo nel 1984 quando esce il libro a lei dedicato da Leonardo Quaresima, presso La Nuova Italia, nella collana “Il Castoro Cinema” diretta da Fernaldo Di Giammatteo. Un libro che mi ha di fatto aperto un capitolo della storia del cinema, non solo tedesco, con una serie di analisi e commenti di grande utilità. Ed è in seguito a questa lettura e alla visione dei suoi film (tranne Der Sieg des Glaubens che solo molti anni dopo è stato ritrovato e quindi ho potuto vederlo) che, come ha ricordato piacevolmente Alonge, ho deciso di farla conoscere agli studenti di Storia del Cinema che mi seguivano attivamente nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino. Una serie di lezioni che avrei voluto in seguito trasformare in un ampio libro sulla Riefenstahl, ma che, per una serie di ragioni di varia natura, non ho ancora scritto (e certamente non scriverò!). Nel frattempo era uscita in Germania la sua autobiografia Memoiren presso l’editore Albrecht Knaus di Monaco, un libro di oltre 900 pagine pieno di informazioni di varia natura, poi tradotto in inglese e pubblicato a Londra nel 1992 da Quartet Books. In Italia, in un’edizione mediocre, malamente ridotta, con una prefazione di Enrico Ghezzi, è uscita da Bompiani nel 1995. L’anno dopo, in occasione della mostra di sue fotografie al Palazzo della Regione di Milano, è uscito il libro illustrato Leni Riefenstahl. Il ritmo di uno sguardo, ed. Leonardo Arte, con tre brevi saggi di Alessandra Borghese, Irene Bignardi e Michele Falzone del Barbarò.

Ora l’idea di tornare a studiare l’opera della Riefenstahl mi pare di grande interesse e piacere. Non solo, ma potrebbe aprirsi una nuova stagione in cui i suoi film sono presentati a un nuovo pubblico, soprattutto giovanile, magari grazie ai vari CineClub, Cineteche, Musei del Cinema, Festival. Un’occasione, a dire il vero, che mi sembra forse impossibile, ma che questo “Speciale”, che molti credo leggeranno e sentiranno, potrebbe indicare come fattibile. Da un lato ci sono un paio di interviste (la mia e quella di Leonardo Quaresima) che riprendono il discorso interrotto molti anni fa e lo attualizzano nel senso che aggiornano la critica e anche i motivi del valore dell’opera complessiva di Leni Riefenstahl; dall’altro ci sono alcuni testi, che possiamo definire stimolanti o di intensa lettura, che invitano a studiare in profondità il suo cinema e la sua personalità. Basti citare il testo di Pamela Fiorenza in cui si parla di cinema di propaganda; o quello di Toni Muzzioli, di grande valore informativo, in cui i film della Riefenstahl sono analizzati in rapporto al nazismo; o quello di Massimiliano Studer, anch’esso notevole, in cui si analizza Olympia. Ma di grande interesse è anche il testo del giornalista di Al Jazeera Laith Mushtaq sul rapporto fra l’arte e la dittatura, unitamente al ritratto che Francesco Azzi ci fa di lei, con riferimento alla Mostra fotografica del 1996 che ho già citato. Vi è, infine, il contributo di Luisanna Fiorini, gestrice di un sito dedicato alla cineasta tedesca, che analizza un libro della stessa Riefenstahl pubblicato nel 1933. In conclusione, sperando che questo “Speciale” spinga qualche altro critico o studioso a intervenire sull’opera complessiva della Riefenstahl, non posso che ringraziare Massimiliano Studer per quello che ha fatto (e per quello che farà ancora...).

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"Olympia" (Con DVD)

di Massimiliano Studer

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INTERVISTA A GIAN ENRICO RUSCONI

INTERVISTA A GIAN ENRICO RUSCONI
Marlene e Leni RusconiNel maggio del 2013 esce, per le edizioni Feltrinelli, un libro di Gian Enrico Rusconi dal titolo enigmatico: Marlene e Leni. Seduzione, cinema e politica. La segnalazione mi viene fatta da Gianni Rondolino che, in una laconica mail, mi avverte che anche io vengo citato nel testo. Mi affretto a chiedere spiegazioni di questa citazione e mi viene riferito il passo del libro, con il numero di pagina corrispondente, in cui si parla del nostro Speciale dedicato a Leni Riefenstahl. Gian Enrico Rusconi non è un autore qualsiasi ed ha un’autorevolezza senza eguali in Italia. È professore emerito di Scienze Politiche all’Università di Torino ed uno dei massimi germanisti del nostro Paese. Vincitore nel 1997 della Goethe-Medaille per i grandi meriti nell’aver contribuito alla diffusione in Italia della cultura tedesca, ha diretto l’Istituto storico italo-germanico di Trento per diversi anni (2005-10) ed è un profondo conoscitore di Theodor W. Adorno e della Scuola di Francoforte. E la sua citazione nel libro fa onore al lavoro che abbiamo svolto per analizzare il cinema della regista tedesca. Acquisto una copia del libro del Prof. Rusconi e, pochi giorni dopo, il Goethe Institut organizza una presentazione del testo con la presenza dell’autore. In quell’occasione riesco a parlare con lui e a concordare un’intervista per il nostro Speciale. Un ultimo fondamentale, importante ed autorevole tassello da inserire in un quadro generale che sta facendo scuola. L’incontro avviene il 17 settembre 2013 presso l’abitazione del Prof. Rusconi dove vengo accolto con molto calore da una persona estremamente gentile e cortese. L’incontro dura circa due ore, durante le quali il Prof. Rusconi esprime il suo apprezzamento per il nostro progetto e per le domande elaborate dal nostro gruppo di lavoro. Ne viene fuori un’intervista, di circa un’ora, molto densa e piena di spunti di riflessioni per chi vuole approfondire le tematiche storico-culturali legati alla regista del III Reich. Con questa intervista chiudiamo un cerchio, iniziato quasi per gioco, nel migliore dei modi.

I testi delle domande dell’intervista sono stati elaborati dalle seguenti persone: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Intervista realizzata da Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

1) Come si è sviluppata in Lei l’idea di mettere in parallelo le vite di Marlene Dietrich e Leni Riefenstahl? Quanto debito può essere attribuito, per questo Suo lavoro, a Plutarco e alla trasmissione della RAI “Correva l’anno” di Francesca Carli del 2007 che affrontò il medesimo argomento? (Massimiliano Studer)

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2) La Berlino degli anni Venti, dove la Riefenstahl si formava come artista e ballerina, era il cuore pulsate della Repubblica di Weimar. Lei è un profondo conoscitore di questo importante periodo storico della Germania. Ci può tratteggiare le caratteristiche socio-culturali di questo periodo? E può spiegare come si è potuti passare dal quel fermento intellettuale-artistico alle tenebre del Terzo Reich? (Massimiliano Studer)

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3) Per molti studiosi della Riefenstahl l’ideologia Völkisch è stata il vero faro ideologico della sua estetica cinematografica. Nelle sue Memoiren la regista dichiara che Hitler decise di affidarle il compito di girare La vittoria della fede (1933), il primo film di propaganda, dopo la visione di Das blaue Licht (1932). Considerando la complessità di questo concetto e la sua importanza nella Germania nazista, ci può descrivere la storia del retroterra culturale in cui nacque e si sviluppò questa ideologia che tanto influenzò la cineasta tedesca e l’ideologia nazista? (Luisanna Fiorini e Massimiliano Studer)

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4) A lei si deve la tempestiva presentazione al pubblico italiano della cosiddetta “controversia degli storici”, stimolata com’è noto nel 1986 da Ernst Nolte con un articolo che ha contribuito a far entrare, anche nel dibattito pubblico italiano, il tema del “revisionismo storico”. Come spesso è avvenuto nella sua storia personale, la Riefenstahl ebbe un tempismo micidiale nel pubblicare la sua autobiografia nel 1987. Secondo il suo punto di vista, questa operazione di revisionismo ha, in qualche modo, riguardato figure minori del nazismo come la regista tedesca? Che posto occupa nell’immaginario collettivo tedesco contemporaneo questa figlia così scomoda a cui si devono la maggior parte delle immagini del Terzo Reich? (Toni Muzzioli e Massimiliano Studer)

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IMG 1684 sito5) Leni Riefenstahl e Albert Speer. In alcuni significativi passaggi del Suo libro Lei accenna al rapporto tra le “scenografie di massa” di Albert Speer e le riprese dei film di propaganda e Olympia. Oltre alla dedizione all’estetica della forma e dell’equilibrio, condividono la responsabilità della fissazione di “cristalli di massa”, secondo l’accezione di Elias Canetti in Masse e potere (1960). In che misura? Sono autori primi, sotto l’egida della produzione culturale, della costruzione metapolitica dell’immaginario nazista? (Luisanna Fiorini)

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6) Montaggio e costruzione dell’immagine in movimento. Leni Riefenstahl si è occupata personalmente del montaggio dei propri film, sottolineandone in “Come faccio i miei film” l’importanza. Dal caos alla forma ultima, in modo estenuante fino alla perfezione. Marlene Dietrich, prima attraverso la devota e crudele manipolazione di Josef von Sternberg, infine con la reiterazione maniacale della sua icona, ha montato frammenti di se stessa per costruire l’artista del nostro immaginario. Entrambe hanno lavorato al montaggio di bewegte Bilder (immagini in movimento), anche nelle loro memorie. Quanto il risultato è frutto del connubio tra disciplina prussiana e ricerca estetica? Hanno a Suo avviso sacrificato il Vero in funzione dell’Imago? (Luisanna Fiorini)

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7) Scriveva nel 1966 George Steiner: «Noi veniamo dopo. Adesso sappiamo che un uomo può leggere Goethe o Rilke la sera, può suonare Bach e Schubert, e quindi, il mattino dopo, recarsi al proprio lavoro ad Auschwitz […]. Non si tratta soltanto del fatto che gli strumenti tradizionali della civiltà – le università, le arti, il mondo librario – non sono riusciti a opporre una resistenza adeguata alla bestialità politica: spesso anzi essi si levarono ad accoglierla, a celebrarla e a difenderla». Ritiene che queste considerazioni di Steiner siano riferibili alla posizione ambigua di Riefenstahl nei confronti del Nazismo? E, in tal caso, in quali termini e con quali variazioni? Più in generale, come va posto, a Suo parere, il problema del rapporto tra un’arte tendenzialmente “apollinea” e il “disumano”? (Aelfric Bianchi)

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8) La modernità è un carattere tipico del cinema della Riefensthal. Molte sono le accezioni che possono essere utilizzate per descrivere questo concetto. Una delle interpretazioni più affascinanti ha trovato nel sociologo polacco Bauman un originale esegeta. Secondo il Suo autorevole punto di vista, quali sono le caratteristiche della modernità sviluppate dalla Riefenstahl e più in generale dal nazismo che fanno parte integrante della cultura occidentale contemporanea? (Massimiliano Studer)

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9) Molti studi hanno enfatizzato l’influsso della cultura americana su quella tedesca. Pochi, però, sono gli interventi che sottolineano l’influenza contraria e cioè della cultura tedesca su quella che Adorno ha definito “Industria culturale” americana. Qual è il Suo punto di vista su questa questione? Nel corso di questi anni ha modificato il Suo giudizio sull’argomento e, in caso affermativo, in che modo? (Massimiliano Studer)

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UNA REGISTA ESEMPLARE

Leni_Riefenstahl_dedica_Tiziano_SossiLeni Riefenstahl – Una breve testimonianza

Di Tiziano Sossi

È necessario a volte valutare il lavoro di un regista al di là di preconcetti e di accadimenti nella sua vita. Questo è emblematico nel caso di Leni Riefenstahl alla quale dedicai il mio Dizionario delle Registe (Gremese, 2000) e di conseguenza un caro amico tedesco, il fotografo Rudiger Waser, si rifiutò di prendere in mano il mio libro o di leggerlo. Come scrissi nella scheda del libro della Riefenstahl è innegabile al pari dell’importanza di un film come Nascita di una nazione di David Wark Griffith, dove, ingenuamente il regista appoggiava il gruppo terroristico e razzista del Ku Klux Klan. Il montaggio utilizzato dalla Riefensthal nel celeberrimo Olympia è stato seminale nel cinema moderno e perfino nei videoclip musicali. Un passo oltre la grande lezione di Sergej Ejzenstejn e Dziga Vertov.  Tornando indietro al 1996, quando alla fine di giugno incontrai la regista a Milano durante l’anteprima della sua mostra al Palazzo della Ragione, rimasi colpito dal fatto che l’allora 94enne Leni assomigliasse poco alla donna forte e decisa che avevo immaginato di incontrare. Parlava inglese, fu molto gentile, si era molto commossa per il ritorno in Italia dopo molti anni. Girai un piccolo video dallo stesso titolo della mostra “Il ritmo dello sguardo” e lo spedii assieme a un altro mio video, all’indirizzo datomi dalla sua segretaria Ulrike Thomann. Quest’ultima mi spedì il 23 settembre 1996 una lettera di ringraziamento in inglese con una vecchia foto che Leni aveva voluto includere con dedica. Nella lettera scriveva anche “Alla signora Riefenstahl sono piaciute molto le due videocassette da lei spedite e si scusa molto per non poter rispondere alle sue domande.”  Avevo infatti cominciato da due anni a scrivere il libro sulle registe che mi avrebbe preso in tutto 6 anni e le avevo chiesto di scrivere l’introduzione. Un amico pittore, Luca Del Baldo, mi chiese l’indirizzo e un giorno andò a conoscerla a Poecking in Germania.  Lei fu molto gentile e gli offrì del rosolio conversando in inglese. Nel 2000 la Riefenstahl sopravvisse in Sudan Centrale a El Obeid dallo schianto dell’elicottero, in atterraggio di fortuna dove viaggiava per tornare a Khartoum dai monti della Nubia.  Vi si trovava per cercare dei vecchi amici scomparsi in Nubia e per cercare di aiutarli. A un mese circa dall’incidente mi scrisse una lettera dopo aver ricevuto il mio libro, dedicato a lei e con la foto in copertina, al centro tra Liliana Cavani, Jane Campion, Lina Wertmuller e Kathryn Bigelow. La lettera in inglese datata 19 aprile 2000 e scritta a macchina con la sua firma, a penna blu,  in calce dice “Caro sig. Sossi, molte grazie per avermi spedito il suo bellissimo libro. Sono molto spiacente di non essere in grado di capire la lingua italiana, ma posso dirle, che sono rimasta molto impressionata dal design e dalla presentazione del suo libro. Augurandole molto successo le mando dei calorosi saluti.” Il video di 8 minuti circa, molto semplice, girato a mano libera con una videocamera Video8 è diviso in quattro piccole parti: L’Africa, IL cinema, Il mondo sommerso e Leni, include una dichiarazione in inglese della regista con i sottotitoli in italiano. Buona visione:

LENI RIEFENSTAHL: L'IMMAGINARIO SCOLPITO TRA LE NUVOLE

http://www.leniriefenstahl.it

Durante la notte io non potei a lungo prendere sonno, riflettevo ancora e ancora se a prendermi così fosse stata la Natura o la grande, grande arte con cui era stato fatto il film”

 Bertha Helene Amalie Riefenstahl narra con queste parole l'intensa emozione provata dopo aver visto per la prima volta  nel Nollendorf-Theater di Berlino un Bergfilm firmato Arnold Fanck, Der Berg des Schicksals. E' interessante come, in due diverse sue produzioni letterarie distanti l'una dall'altra una vita, Kampf in Schnee und Eis (1933) e Memoiren (1987) e nel documentario biografico Die Macht der Bilder del regista  Ray Müller (1993)  lei usi le stesse parole per descrivere il momento, poichè nel tempo le descrizioni fatte di parole possono variare, arricchite da altri ricordi o riflessioni più mature. Leni invece ha usato le parole come immagini impresse per sempre su  pellicola, mostrate dopo un sapiente montaggio di cui lei stessa si è occupata. Kampf in Schnee und Eis racconta la sua esperienza di attrice e regista di Bergfilme con un percorso di conoscenza, crescita e maturazione, dai primi passi di Der heilige Berg (1926)  fino alla maestria della regia Das Blaue Licht (1932) e dell'interpretazione in S.O.S Eisberg (1933) parla del suo rapporto e legame con la montagna, la bellezza e le immagini, e non di se stessa. 

Di Luisanna Fiorini

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