INTERVISTA A GIAN ENRICO RUSCONI
Nel maggio del 2013 esce, per le edizioni Feltrinelli, un libro di Gian Enrico Rusconi dal titolo enigmatico: Marlene e Leni. Seduzione, cinema e politica. La segnalazione mi viene fatta da Gianni Rondolino che, in una laconica mail, mi avverte che anche io vengo citato nel testo. Mi affretto a chiedere spiegazioni di questa citazione e mi viene riferito il passo del libro, con il numero di pagina corrispondente, in cui si parla del nostro Speciale dedicato a Leni Riefenstahl. Gian Enrico Rusconi non è un autore qualsiasi ed ha un’autorevolezza senza eguali in Italia. È professore emerito di Scienze Politiche all’Università di Torino ed uno dei massimi germanisti del nostro Paese. Vincitore nel 1997 della Goethe-Medaille per i grandi meriti nell’aver contribuito alla diffusione in Italia della cultura tedesca, ha diretto l’Istituto storico italo-germanico di Trento per diversi anni (2005-10) ed è un profondo conoscitore di Theodor W. Adorno e della Scuola di Francoforte. E la sua citazione nel libro fa onore al lavoro che abbiamo svolto per analizzare il cinema della regista tedesca. Acquisto una copia del libro del Prof. Rusconi e, pochi giorni dopo, il Goethe Institut organizza una presentazione del testo con la presenza dell’autore. In quell’occasione riesco a parlare con lui e a concordare un’intervista per il nostro Speciale. Un ultimo fondamentale, importante ed autorevole tassello da inserire in un quadro generale che sta facendo scuola. L’incontro avviene il 17 settembre 2013 presso l’abitazione del Prof. Rusconi dove vengo accolto con molto calore da una persona estremamente gentile e cortese. L’incontro dura circa due ore, durante le quali il Prof. Rusconi esprime il suo apprezzamento per il nostro progetto e per le domande elaborate dal nostro gruppo di lavoro. Ne viene fuori un’intervista, di circa un’ora, molto densa e piena di spunti di riflessioni per chi vuole approfondire le tematiche storico-culturali legati alla regista del III Reich. Con questa intervista chiudiamo un cerchio, iniziato quasi per gioco, nel migliore dei modi.
I testi delle domande dell’intervista sono stati elaborati dalle seguenti persone: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Intervista realizzata da Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
1) Come si è sviluppata in Lei l’idea di mettere in parallelo le vite di Marlene Dietrich e Leni Riefenstahl? Quanto debito può essere attribuito, per questo Suo lavoro, a Plutarco e alla trasmissione della RAI “Correva l’anno” di Francesca Carli del 2007 che affrontò il medesimo argomento? (Massimiliano Studer)
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2) La Berlino degli anni Venti, dove la Riefenstahl si formava come artista e ballerina, era il cuore pulsate della Repubblica di Weimar. Lei è un profondo conoscitore di questo importante periodo storico della Germania. Ci può tratteggiare le caratteristiche socio-culturali di questo periodo? E può spiegare come si è potuti passare dal quel fermento intellettuale-artistico alle tenebre del Terzo Reich? (Massimiliano Studer)
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3) Per molti studiosi della Riefenstahl l’ideologia Völkisch è stata il vero faro ideologico della sua estetica cinematografica. Nelle sue Memoiren la regista dichiara che Hitler decise di affidarle il compito di girare La vittoria della fede (1933), il primo film di propaganda, dopo la visione di Das blaue Licht (1932). Considerando la complessità di questo concetto e la sua importanza nella Germania nazista, ci può descrivere la storia del retroterra culturale in cui nacque e si sviluppò questa ideologia che tanto influenzò la cineasta tedesca e l’ideologia nazista? (Luisanna Fiorini e Massimiliano Studer)
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4) A lei si deve la tempestiva presentazione al pubblico italiano della cosiddetta “controversia degli storici”, stimolata com’è noto nel 1986 da Ernst Nolte con un articolo che ha contribuito a far entrare, anche nel dibattito pubblico italiano, il tema del “revisionismo storico”. Come spesso è avvenuto nella sua storia personale, la Riefenstahl ebbe un tempismo micidiale nel pubblicare la sua autobiografia nel 1987. Secondo il suo punto di vista, questa operazione di revisionismo ha, in qualche modo, riguardato figure minori del nazismo come la regista tedesca? Che posto occupa nell’immaginario collettivo tedesco contemporaneo questa figlia così scomoda a cui si devono la maggior parte delle immagini del Terzo Reich? (Toni Muzzioli e Massimiliano Studer)
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5) Leni Riefenstahl e Albert Speer. In alcuni significativi passaggi del Suo libro Lei accenna al rapporto tra le “scenografie di massa” di Albert Speer e le riprese dei film di propaganda e Olympia. Oltre alla dedizione all’estetica della forma e dell’equilibrio, condividono la responsabilità della fissazione di “cristalli di massa”, secondo l’accezione di Elias Canetti in Masse e potere (1960). In che misura? Sono autori primi, sotto l’egida della produzione culturale, della costruzione metapolitica dell’immaginario nazista? (Luisanna Fiorini)
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6) Montaggio e costruzione dell’immagine in movimento. Leni Riefenstahl si è occupata personalmente del montaggio dei propri film, sottolineandone in “Come faccio i miei film” l’importanza. Dal caos alla forma ultima, in modo estenuante fino alla perfezione. Marlene Dietrich, prima attraverso la devota e crudele manipolazione di Josef von Sternberg, infine con la reiterazione maniacale della sua icona, ha montato frammenti di se stessa per costruire l’artista del nostro immaginario. Entrambe hanno lavorato al montaggio di bewegte Bilder (immagini in movimento), anche nelle loro memorie. Quanto il risultato è frutto del connubio tra disciplina prussiana e ricerca estetica? Hanno a Suo avviso sacrificato il Vero in funzione dell’Imago? (Luisanna Fiorini)
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7) Scriveva nel 1966 George Steiner: «Noi veniamo dopo. Adesso sappiamo che un uomo può leggere Goethe o Rilke la sera, può suonare Bach e Schubert, e quindi, il mattino dopo, recarsi al proprio lavoro ad Auschwitz […]. Non si tratta soltanto del fatto che gli strumenti tradizionali della civiltà – le università, le arti, il mondo librario – non sono riusciti a opporre una resistenza adeguata alla bestialità politica: spesso anzi essi si levarono ad accoglierla, a celebrarla e a difenderla». Ritiene che queste considerazioni di Steiner siano riferibili alla posizione ambigua di Riefenstahl nei confronti del Nazismo? E, in tal caso, in quali termini e con quali variazioni? Più in generale, come va posto, a Suo parere, il problema del rapporto tra un’arte tendenzialmente “apollinea” e il “disumano”? (Aelfric Bianchi)
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8) La modernità è un carattere tipico del cinema della Riefensthal. Molte sono le accezioni che possono essere utilizzate per descrivere questo concetto. Una delle interpretazioni più affascinanti ha trovato nel sociologo polacco Bauman un originale esegeta. Secondo il Suo autorevole punto di vista, quali sono le caratteristiche della modernità sviluppate dalla Riefenstahl e più in generale dal nazismo che fanno parte integrante della cultura occidentale contemporanea? (Massimiliano Studer)
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9) Molti studi hanno enfatizzato l’influsso della cultura americana su quella tedesca. Pochi, però, sono gli interventi che sottolineano l’influenza contraria e cioè della cultura tedesca su quella che Adorno ha definito “Industria culturale” americana. Qual è il Suo punto di vista su questa questione? Nel corso di questi anni ha modificato il Suo giudizio sull’argomento e, in caso affermativo, in che modo? (Massimiliano Studer)
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