LA FINE DELL’ALTROVE. IMMAGINI DELL’ORIENTE DI KIM KI DUK
L’immagine dell’altrove rappresenta un elemento centrale non solo per quelle narrazioni che polarizzano la loro ricerca attorno al conflitto, o all’incontro, tra due realtà percepite come distanti. Indipendentemente che la “distanza” sia il punto di arrivo di una costruzione culturale e manichea, più aderente a schemi ermeneutici a posteriori che all’analisi empirica, l’altrove è più in generale il concetto che lega gli elementi del reale alla catena desiderante del sottotesto, di cui esso stesso costituisce l’impossibile meta. Se infatti l’àncora tra la realtà assoluta della finzione e il suo referente oggettuale, è lo spazio vissuto e riprodotto nel perimetro filmico, l’illusione dello spazio immaginato attiva il circuito delle potenzialità narrative: la presenza, anche dietro le quinte, dei mondi possibili soffia sui confini del mondo reale, e li dilata. Questo meccanismo vale anche se ci muoviamo al di qua della prospettiva eurocentrica, quando il soggetto e l’altrove sono rovesciati rispetto all’osservatore occidentale. Di Lucia Faienza