Il cinema non è immagine del movimento ma della durata,
di quanto manca prima della parola “fine”:
per me il cinema è l’invenzione del tempo
Serge Daney, direttore dei Cahiers du Cinema
Cosa sarebbe stata la mia vita
se avessi vinto sempre?
John McEnroe
NOTA BENE: NEI FILE AUDIO SONO PRESENTI LA RISPOSTA DI JULIEN FARAUT (IN LINGUA FRANCESE) E, A SEGUIRE, LA TRADUZIONE DI ANNA RIBOTTA (IN LINGUA ITALIANA)
Vincitore del premio Lino Micciché per il miglior film del concorso per “aver realizzato un film ossessivo e sorprendente, di rara raffinatezza stilistica, che, attraverso un montaggio di materiali di repertorio insieme cinematograficamente radicale e filologicamente rispettoso, ci svela, sequenza dopo sequenza, l'intimità del suo protagonista” e della Giuria Studenti “per l'intelligente e stratificata esplorazione di linguaggi eterogenei, dal cinema allo sport, dalla didattica alla filosofia, sintetizzati in un'opera altamente innovativa che riflette sulla ricerca della perfezione e sull'ontologia dell'immagine in movimento”.
Il film si apre su immagini in bianco e nero tratte da un film didattico degli anni Sessanta dove tennisti che evocano il Monsieur Hulot di Jacques Tati provano a ricreare i diversi movimenti del servizio. Gil de Kermadec, allora direttore tecnico della Federazione francese di tennis, decide invece di catturare la realtà dinamica del gioco riprendendo da diverse angolature e ralenti le partite del Roland Garros per poi ritrarre singoli giocatori: l’argomento del 1985 era John McEnroe.
Julien Faraut
ASCOLTA QUI IL SUO PERCORSO “ATIPICO”
stava lavorando negli archivi dell’Istituto Sportivo Nazionale di Parigi (un ente pubblico che dipende dal Ministero dello Sport) quando ha scoperto pile di bobine di making off, cioè di materiale scartato dal montaggio finale dei film didattici (tra l’altro mai passati nè in tv nè al cinema ma a disposizione delle Federazioni Sportive).
Ha così utilizzato e montato - senza cadere in gesti stereotipati- inquadrature e tagli particolari da queste immagini in un documentario d’archivio che sfugge a qualsiasi categoria di genere, un documentario su uno sport di solito fruibile dal vivo o in tv (oggi orientata ad una contabilizzazione dell’evento su base numerica in una visione sempre più ossessionata dalle cifre) e che assume qui una forma intrinsecamente cinematografica imperniata sulla soggettività della persona estrapolando la realtà dalla finzione creata attorno al personaggio costruito da se stesso e dagli altri.
A partire dal titolo, ASCOLTA QUI LA SPIEGAZIONE DEL REGISTA
si dipana una riflessione sul linguaggio cinematografico e sulle sue relazioni tra e con il tempo e la durata, ASCOLTA QUI LE RIFLESSIONI DEL REGISTA
ma anche sul ruolo della videocamera nella costruzione dell’immagine che gli altri hanno di noi (con una digressione su Tom Hulce che si è preparato per la parte in Amadeus di Milos Forman studiando proprio il comportamento di McEnroe in campo) e sulla sua capacità di modificare la realtà.
Spesso McEnroe chiede ai fotografi di ritirarsi e reagisce con sensibilità esasperata ai suoni e ai cambiamenti d’atmosfera: e qui il documentario vira verso la psicologia clinica a partire dalla fulminea sentenza di Serge Daney “l’ostilità degli altri è la sua droga”. Viene così inanellata una pantomima autodistruttiva trasformata in un gioco sublime, percepiamo la collera, la lucidità strategica, l’iper-controllo, la voglia e la rabbia di fare sempre meglio in una gara contro se stesso (in tutte le immagini si vede un solo giocatore che sembra appunto giocare contro se stesso) fino alla confessione “dopo essermi laureato e avere vinto la Coppa Davis adesso posso vivere la mia vita”. McEnroe assurge a simbolo della New York degli anni Ottanta, di quell’energia, della sua tensione e del nervosismo ma anche dell’assoluta ed estrema creatività, valorizzate ed esaltate da una splendida colonna sonora che ne riprende la scena musicale
ASCOLTA QUI LE SCELTE DEL REGISTA…E SCOPRIRAI PERCHE’ I RAMONES SONO STATI ESCLUSI
E se “la terra rossa crea la fiction”, l’ultima parte del film diventa una scena teatrale: seguiamo minutaggio e cronaca della finale maschile tra McEnroe e Lendl, e grazie ad immagini inedite in 16 millimetri caratterizzate da tessitura e grana particolarissima, si aprono visioni nuove su un evento di cui tutti conoscono l’esito.
ASCOLTA QUI COME IL REGISTA HA APPLICATO LA NOZIONE DI SUSPENCE MUTUATA DA HITCHCOCK
Un dramma diventa tragedia con l’ausilio di raffinate tecniche sonore in una sospensione del tempo che estrapola tutta la genialità del tennista in campo e della sua gestualità: ma è la realtà o McEnroe si trova già in un film?
Scheda tecnica
Titolo: John McEnroe: L’empire de la perfection (titolo internazionale: John McEnroe: In the realm of perfection)
Regista: Julien Faraut
Anno: 2018
Durata: 95'
Produzione: UFO Production
Produttori: William Jehannin, Raphaelle Delauche
Direttori di fotografia: Julien Faraut, Gil De Kermadec
Editor: Andrei Bogdanov
Musica: Serge Teyssot-Gay
Voce off: Mathieu Amalric
Ascolta