Un interessantissimo workshop che ha dato molte indicazioni pratiche per i filmakers a partire dall’esperienza personale di Ave Maria, primo corto palestinese ad essere nominato agli Oscar e vincitore di moltissimi premi (qui potete trovare la recensione completa https://formacinema.wordpress.com/2016/02/27/avemaria/).
Il primo consiglio è quello di pensare ad un pubblico specifico e ad un messaggio forte e rendere poi il soggetto unico e credibile in termini di sceneggiatura e personaggi, stile e storia: ad esempio la figura della madre del colono è modellata sulla nonna di Daniel Chan Khalil e rimanda ad un archetipo mediterraneo riconoscibile e immediatamente decodificato nelle contrapposizioni suocera-nuora e madre-figlio… e che peraltro, i lettori italiani avevano già incontrato nel libro di Suad Amiry “Sharon e mia suocera”.
Con il suggerimento di non spedire prove-lavoro o film incompleti e di puntare su un inizio fulminante (visto che i primi 4 minuti sono quelli discriminanti!), si passa poi a come organizzare tutto il materiale (immagini, sinossi in varie versioni e lunghezze, videoclip e trailer in DCP e Blurays), come calcolare il budget iniziale (tra gli 800 e i 2.000 dollari considerando anche le iscrizioni ai diversi festival e i sottotitoli) e calendarizzare le date di scadenza dell’invio, dai 3 ai 5 mesi prima dei festival che ha suddiviso in 4 tipologie:
- Cannes, Berlino, Sundance, Toronto, Venezia (per questi è auspicabile procurarsi agenti e addetti stampa e provare ad avere un contatto coi selezionatori)
- Slamdance, Rotterdam, Clermont Ferrand, South by Soutwest, Tribeca, Palm Spring, Edinburgo, Locarno
- Bilbao, Aspen e altri festival che possono spingerti verso l’Oscar o il Bafta
- Centinaia di altri festival spesso focalizzati su tematiche specifiche, come il Nazra Film Festival dedicato alla Palestina quest’anno vinto proprio da Ave Maria come miglior corto di fiction per “la strabiliante abilità di trasfigurare temi come l’occupazione, il sospetto ed il conflitto in una brillante storia venata d’umorismo”.
È fondamentale partecipare ai festival, anche quelli piccoli o minori che proprio per questo coccolano e valorizzano di più, sia per i premi che “fanno curriculum” e servono a monetizzare le richieste per successive proiezioni…senza dimenticare i passaggi in tv, I-tunes, Amazon e le linee aeree, sia soprattutto per creare una rete di contatti personali (facendo incetta di biglietti da visita e poi catalogandoli!) che creano l’effetto passaparola e possono essere utili anche per i film successivi.
Per quanto riguarda l’Oscar, Basil sostiene che l’importante sia la nomination, un “titolo per la vita” che nessuno ti può togliere, un vero e proprio marchio di qualità che aiuta ad aprire porte che altrimenti potrebbero restare chiuse…ma anche durante i party di promozione (e lui ha sottolineato che si imbucava a quelli tedeschi visto che la Palestina non è ancora riconosciuta come Stato!) il segreto è uno solo: divertirsi a fare film e amare il cinema.