Valutazioni minime sulla verosimiglianza scientifica dei fatti descritti nel film “Interstellar” da parte di un cinefilo mediamente acculturato sulla teoria della relatività di Albert Einstein. Lo spettatore ingenuo che si aspetta un semplice film di fantascienza ha bisogno di alcune preventive informazioni (fanta)scientifiche, altrimenti la fruizione del film diventa confusa, noiosa e incomprensibile, e vi assicuro che sarebbe un peccato, anche se il film, facciamo un doveroso esempio, è “sideralmente” lontano dalla Odissea 2001 di Kubrick, di cui, però condivide le ambizioni. Ovviamente non c’è bisogno di essere un fisico o un ingegnere per capire alcuni semplici concetti, che del resto sono alla base del pensiero scientifico moderno. Tutta la vicenda ruota attorno a cinque concetti fisici o semplici ipotesi matematiche: il paradosso dei gemelli, come fa esperienza il protagonista Cooper tornando dal suo viaggio, che cos’è un buco nero, dentro il quale Cooper si lancia, che cos’è un “wormhole” o buco di verme (o ponte, o varco), che permette alla Endurance di raggiungere i tre pianeti in un tempo soggettivo brevissimo, che diavoleria è un Tesseract, dove si aggira smarrito Cooper nel tentativo di parlare con sua figlia, e cosa sono le onde gravitazionali, di cui il protagonista si serve per comunicare con la figlia scienziata.
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