RITRATTO DI TONY GATLIF
“La musica è parte fondamentale di ogni esilio. Quando ti trovi a dover lasciare la tua terra, non puoi portare con te più di qualche valigia. Il resto, devi lasciarlo tutto lì, il paesaggio, le piante, tutto... Una cosa che puoi portare con te è la musica, e per lungo tempo la musica degli immigrati rimane in esilio anche lei, non la si può ascoltare alla radio o alla tv. Ma la musica continua ed esistere, ed è ciò che tiene uniti i popoli in esilio e che li fa integrare con quelli che li ospitano”.
Con queste parole, Tony Gatlif, condensa l’anima del suo cinema, cinema d’esilio e di esiliati, dei più esiliati della terra, i Romaní, comunemente detti Rom, dal sanscrito dxomba, musicista, un cinema dove la musica, sostituendosi al linguaggio, diventa essa stessa linguaggio filmico, che orienta, governa e connette lo svolgimento delle storie, il comportamento dei personaggi. E’ cinema di viaggi e di incontri, tra il Rom e il gadjo, tra la musica gitana e quella araba, tra le identità plurime modellate dagli esili. di Paolo Castelletti